Io non ho mai smesso di considerarmi più intelligente di tutti e, qualche volta, credetemi, me ne sono sentito un po' imbarazzato.

Tuesday, February 9, 2021

Giovanna Tornabuoni

Dipinto nel 1488 da Domenico del Ghirlandaio. Uno fra i maggiori artisti del secondo Quattrocento. Da lui si formò il giovane Michelangelo. 

La bellissima donna che vediamo si chiamò Giovanna. Nacque nel 1468 dalla ricca famiglia fiorentina degli Albizi. A diciotto anni fu presa in sposa da Lorenzo Tornabuoni, rampollo di un’altra famiglia magnatizia imparentata con i Medici: la mamma di Lorenzo il Magnifico era una Tornabuoni.

La coppia che si forma è giovane, bella e ricca. Hanno tutti gli ingredienti per una vita lunga e fortunata ma il destino aveva per loro altri programmi.

Giovanna resta incinta dopo un anno. Ma al termine della gravidanza il parto si complica e Giovanna muore. Aveva vent’anni: un fiore.

La sua tragica e prematura scomparsa getta nel dolore e nello sconforto lo sposo e tutti coloro che l’amavano e conoscevano.

Lorenzo Tornabuoni intende celebrarne la memoria e la bellezza della sua amata sposa, vuole che l’arte la renda immortale.

È ciò che accadrà.

Dai cartoni elaborati dal Ghirlandaio per la “visitazione” nella cappella Tornabuoni nella chiesa di Santa Maria novella, egli trae anche il disegno per questo ritratto.

L’artista la dipinge con una calda luce che si adagia sulla parte frontale del viso e del corpo, che la modella dolcemente. È una luce trascendente da cui lo sguardo di Giovanna è attratta verso un orizzonte infinito. Ha le mani giunte che trattengono un fazzoletto di seta. Il ventre accenna un gonfiore, si riferisce alla sua maternità che le fu fatale.

Tutto parla del suo compiuto distacco dalle vicende terrene.

Giovanna ha un’elaborata acconciatura. Una crocchia le avvolge la nuca appoggiandosi su una fine calotta di capelli dai quali spuntano per scendere in una cascata di riccioli ramati.

Il collo, lunghissimo si erge fiero sul busto rivestito con un abito sontuoso di broccato ricamato da fili dorati che tracciano delle complesse linee geometriche. La tonalità del tessuto è delicata, si abbina maestosamente con il tenue incarnato della sua pelle.

Le maniche come queste erano veri e propri oggetti di lusso. Erano intercambiabili e potevano essere applicate indifferentemente da un vestito all’altro.

In questo caso sono bellissime, aderenti, in seta, con ricami e decorazioni con fiori entro losanghe. Raffinati cordini trattengono la camicia che si intravvede dalle fenditure. Il solo dettaglio di queste maniche è un capolavoro di tecnica pittorica.

Una sottile catenina d’oro le cinge il collo per lasciare appoggiare sul seno un prezioso monile sul quale è incastonato un grosso rubino presidiato da tre perle naturali. Il gioiello si abbina ad un altro simile appoggiato sulla mensola dietro di lei. Ci ricorda che ciò che vediamo non è la sua immagine reale ma semplicemente l’idea trascendente della sua presenza.

L’immagine di Giovanna emerge dallo sfondo scuro di una nicchia che contribuisce a dare il senso di profondità all’opera facendone emergere pienamente l’imponente bellezza della figura.

Nella parte superiore della mensola è appeso un rosario di corallo, simbolo della Passione di Cristo. Le estremità della collana pendono rettilinee dando evidenza alla nobile verticalità della figura e puntando su un cartiglio di pergamena sopra un libro sacro.

Alla maniera fiamminga, contiene un epigramma di Marziale. Evoca l’inadeguatezza dell’arte a presentare la nobile purezza d’animo di Giovanna: ARS UTINAM MORES ANIMVMQUE EFFINGERE POSSES PVLCHRIOR IN TERRIS NVLLA TABELLA FORET (Magari l’arte potesse ritrarre i costumi e l’anima, al mondo non vi sarebbe un quadro più bello.) 

 

Ritratto di Giovanna degli Albizi in Tornabuoni, 1488. Tempera su tavola, 75,5 x 49,5 cm. Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid.

Domenico Bigordi detto il Ghirlandaio (1448-1494)

 

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