“Edward Jenner vaccina un bambino”, di Eugène Ernest Hillemacher, 1884, Wellcome Collection, Londra.
Di figli in vita sua ne aveva avuti sedici in tutto, ma la perdita di quattro di loro a causa del vaiolo per l’Imperatrice Maria Teresa d’Asburgo rappresentò comunque un dramma.
L’anno più difficile fu il 1767, quando una terribile epidemia le portò via prima fra tutte la nuora Maria Giuseppa di Baviera, moglie dell’erede al trono Giuseppe II, per assistere la quale s’infettò anche lei, Maria Teresa, che a differenza del marito volle restarle accanto sino a chiuderle gli occhi per sempre.
L’attacco della malattia fu sul punto di avere la meglio anche su di lei, tanto che i ministri ordinarono di tenere i cavalli sempre sellati e pronti a diffondere in tutta Europa la notizia del suo decesso. Il corpo della sovrana si ricoprì di pustole e il volto le si gonfiò come una maschera, ma dopo più di un mese trascorso fra la vita e la morte Maria Teresa guarì e poté finalmente mostrarsi nuovamente in pubblico, pur recando in volto i segni di quella lotta col male.
Da lì a pochi mesi il vaiolo le avrebbe portato via un’altra figlia, la sedicenne Maria Giuseppina, e rovinato la vita anche della bellissima Maria Elisabetta che, pur scampata alla morte, ebbe il viso rovinato a tal punto da venir soprannominata “la Gozzuta” e dover così rinunciare ai sogni di matrimonio per ritirarsi in un convento.
La donna più potente d’Europa, non diversamente dai suoi sudditi, si scoprì dunque inerme di fronte al nemico più spietato e insidioso di tutti, perché invisibile. Resasi conto che le cure prescritte dal medico di corte e consistenti soltanto in una serie di salassi, inutili e dannosi su fisici già tanto debilitati dalla malattia, non portavano ad alcun risultato concreto, volle dare fiducia ad una pratica innovativa già sperimentata con successo in Inghilterra, Toscana e nel Regno di Napoli, dove solo un paio d’anni più tardi il grande medico Domenico Cotugno avrebbe pubblicato i risultati delle sue ricerche nel “De sedibus variolarum syntagma”.
Si trattava della tecnica dell’inoculazione, a mezzo di due piccole incisioni cutanee, di un filo imbevuto di materiale vaioloso prelevato dalle vacche infette. Nella sua forma vaccina infatti il vaiolo risultava molto meno pericoloso per l’uomo e soprattutto non lasciava lesioni cutanee, se non minime, così come s’era notato osservando i mungitori che, grazie al loro continuo contatto con le mucche, di vaiolo non s’ammalavano mai.
Per dare l’esempio Maria Teresa fece inoculare per primi i suoi figli più piccoli Ferdinando e Massimiliano, esibendoli poi al pubblico in una carrozza scoperta accanto a sé, per le vie di Vienna. Convinse così il suo popolo a fare la stessa cosa, col risultato che l’epidemia in poco tempo regredì sino a scomparire.
Dalle mucche ecco dunque che la strada per il vaccino (termine derivante proprio da questi animali) di Jenner era tracciata, grazie alla fiducia riposta nella scienza da una madre che al tempo stesso era una sovrana illuminata.
Di figli in vita sua ne aveva avuti sedici in tutto, ma la perdita di quattro di loro a causa del vaiolo per l’Imperatrice Maria Teresa d’Asburgo rappresentò comunque un dramma.
L’anno più difficile fu il 1767, quando una terribile epidemia le portò via prima fra tutte la nuora Maria Giuseppa di Baviera, moglie dell’erede al trono Giuseppe II, per assistere la quale s’infettò anche lei, Maria Teresa, che a differenza del marito volle restarle accanto sino a chiuderle gli occhi per sempre.
L’attacco della malattia fu sul punto di avere la meglio anche su di lei, tanto che i ministri ordinarono di tenere i cavalli sempre sellati e pronti a diffondere in tutta Europa la notizia del suo decesso. Il corpo della sovrana si ricoprì di pustole e il volto le si gonfiò come una maschera, ma dopo più di un mese trascorso fra la vita e la morte Maria Teresa guarì e poté finalmente mostrarsi nuovamente in pubblico, pur recando in volto i segni di quella lotta col male.
Da lì a pochi mesi il vaiolo le avrebbe portato via un’altra figlia, la sedicenne Maria Giuseppina, e rovinato la vita anche della bellissima Maria Elisabetta che, pur scampata alla morte, ebbe il viso rovinato a tal punto da venir soprannominata “la Gozzuta” e dover così rinunciare ai sogni di matrimonio per ritirarsi in un convento.
La donna più potente d’Europa, non diversamente dai suoi sudditi, si scoprì dunque inerme di fronte al nemico più spietato e insidioso di tutti, perché invisibile. Resasi conto che le cure prescritte dal medico di corte e consistenti soltanto in una serie di salassi, inutili e dannosi su fisici già tanto debilitati dalla malattia, non portavano ad alcun risultato concreto, volle dare fiducia ad una pratica innovativa già sperimentata con successo in Inghilterra, Toscana e nel Regno di Napoli, dove solo un paio d’anni più tardi il grande medico Domenico Cotugno avrebbe pubblicato i risultati delle sue ricerche nel “De sedibus variolarum syntagma”.
Si trattava della tecnica dell’inoculazione, a mezzo di due piccole incisioni cutanee, di un filo imbevuto di materiale vaioloso prelevato dalle vacche infette. Nella sua forma vaccina infatti il vaiolo risultava molto meno pericoloso per l’uomo e soprattutto non lasciava lesioni cutanee, se non minime, così come s’era notato osservando i mungitori che, grazie al loro continuo contatto con le mucche, di vaiolo non s’ammalavano mai.
Per dare l’esempio Maria Teresa fece inoculare per primi i suoi figli più piccoli Ferdinando e Massimiliano, esibendoli poi al pubblico in una carrozza scoperta accanto a sé, per le vie di Vienna. Convinse così il suo popolo a fare la stessa cosa, col risultato che l’epidemia in poco tempo regredì sino a scomparire.
Dalle mucche ecco dunque che la strada per il vaccino (termine derivante proprio da questi animali) di Jenner era tracciata, grazie alla fiducia riposta nella scienza da una madre che al tempo stesso era una sovrana illuminata.
No comments:
Post a Comment