Trama
L'azione si svolge verso la fine del XVII, tra le mura di un monastero.
Da sette anni Suor Angelica, di famiglia aristocratica, ha forzatamente abbracciato la vita monastica per scontare un peccato d'amore. Durante questo lungo periodo non ha saputo più nulla del bambino nato da quell'amore, che le era stato strappato a forza subito dopo la nascita.
L'attesa sembra finalmente terminata: nel parlatorio del monastero Angelica è attesa a colloquio dalla zia principessa. Ma la vecchia signora, algida e distante, non è venuta a concederle il sospirato perdono, bensì a chiederle un formale atto di rinuncia alla sua quota del patrimonio familiare, allo scopo di costituire la dote per la sorella minore Anna Viola, prossima ad andare sposa. Il ricordo di eventi lontani ma mai cancellati dalla memoria e la possibilità di avvicinare una persona di famiglia spingono Angelica a chiedere con insistenza notizie del bambino.
Ma con implacabile freddezza la zia le annuncia che da oltre due anni il piccolo è morto, consumato da una grave malattia. Allo strazio della madre, caduta di schianto a terra, la vecchia non sa porgere altro conforto che una muta preghiera. Il pianto di Angelica continua, soffocato e straziante, anche dopo che la zia, ottenuta la firma, si allontana. Nel suo animo si fa strada l'idea folle e disperata di raggiungere il bambino nella morte per unirsi a lui per sempre. È scesa intanto la notte e Suor Angelica, non vista, si reca nell'orto del monastero: raccoglie alcune erbe velenose e con esse prepara una bevanda mortale.
D'improvviso, dopo aver bevuto pochi sorsi del distillato, Angelica è assalita da un angoscioso terrore: conscia di essere caduta in peccato mortale, si rivolge alla Vergine chiedendole un segno di grazia. E avviene il miracolo: la Madonna appare sulla soglia della chiesetta e, con gesto materno, sospinge il bambino fra le braccia protese della morente.
Da sette anni Suor Angelica, di famiglia aristocratica, ha forzatamente abbracciato la vita monastica per scontare un peccato d'amore. Durante questo lungo periodo non ha saputo più nulla del bambino nato da quell'amore, che le era stato strappato a forza subito dopo la nascita.
L'attesa sembra finalmente terminata: nel parlatorio del monastero Angelica è attesa a colloquio dalla zia principessa. Ma la vecchia signora, algida e distante, non è venuta a concederle il sospirato perdono, bensì a chiederle un formale atto di rinuncia alla sua quota del patrimonio familiare, allo scopo di costituire la dote per la sorella minore Anna Viola, prossima ad andare sposa. Il ricordo di eventi lontani ma mai cancellati dalla memoria e la possibilità di avvicinare una persona di famiglia spingono Angelica a chiedere con insistenza notizie del bambino.
Ma con implacabile freddezza la zia le annuncia che da oltre due anni il piccolo è morto, consumato da una grave malattia. Allo strazio della madre, caduta di schianto a terra, la vecchia non sa porgere altro conforto che una muta preghiera. Il pianto di Angelica continua, soffocato e straziante, anche dopo che la zia, ottenuta la firma, si allontana. Nel suo animo si fa strada l'idea folle e disperata di raggiungere il bambino nella morte per unirsi a lui per sempre. È scesa intanto la notte e Suor Angelica, non vista, si reca nell'orto del monastero: raccoglie alcune erbe velenose e con esse prepara una bevanda mortale.
D'improvviso, dopo aver bevuto pochi sorsi del distillato, Angelica è assalita da un angoscioso terrore: conscia di essere caduta in peccato mortale, si rivolge alla Vergine chiedendole un segno di grazia. E avviene il miracolo: la Madonna appare sulla soglia della chiesetta e, con gesto materno, sospinge il bambino fra le braccia protese della morente.
Citazione
« La grazia e discesa dal cielo già tutto,
già tutto mi accende risplende risplende.
Già vedo, sorelle, la meta! »
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